Stanno tornando le guerre di religione. Per sconfiggerle, l’arma più efficace può essere proprio la religione stessa. Parola di Vincenzo Pace , ordinario di sociologia generale e docente di Sociologia delle religioni all’Università di Padova, che il 28 maggio sarà alla 12ma edizione del Festival Biblico di Vicenza per stabilire il ruolo della fede nei moderni conflitti.

Ecco un anticipo di ciò che dirà al Festival Biblico 

Le religioni come strumento«Le guerre di religione sembravano ormai appartenere al passato. Le abbiamo conosciute benissimo nell’Europa tra il 1500 e il 1600: in realtà, le religioni vengono portate in guerra quando servono a marcare i confini di un territorio, di un potere politico, di un’identità collettiva contro un altro territorio, un altro potere politico, un’altra identità politica». La religione è, insomma, un mero strumento: «L’altro, con cui prima condividevo un rapporto e persino la stessa lingua diventa improvvisamente un avversario». Amici che diventano nemici da abbattere nel giro di pochi anni: «Lo si è visto nei Balcani degli anni ’90, ma anche in posti del mondo insospettabili come lo Sri Lanka, dove la parte buddhista ha appoggiato una guerra contro la minoranza tamil». Accanto a questi fenomeni c’è la crescita del cosiddetto “Islam politico”: «I gruppi di lotta armata presenti ormai da più di vent’anni nel mondo musulmano hanno un’idea di religione come di una fortezza dentro la quale ci si asserraglia per difendere la propria identità contro tutti i nemici. Stanno destabilizzando i fragili stati nati dopo il colonialismo e, di riflesso, l’intera Europa». Proprio in questi stati, che dopo la fine della seconda guerra mondiale avevano adottato un modello di Stato laico simile a quello scaturito dalla rivoluzione francese, si registrano le difficoltà più grandi: «Sono divenuti incapaci di gestire la diversità religiosa più complessa, contestati da movimenti fondamentalisti o terroristi».

Per un dialogo interreligioso “di base” Dunque, che fare?

«In questo scenario la funzione delle religioni è quella di non lasciarsi trainare dalle diaspore politiche che portano al conflitto, ma diventare fautrici di un dialogo che non può essere più solo un dialogo tra leader, tra teologi ed esperti». La foto dei raduni interreligiosi ad Assisi inaugurati da San Giovanni Paolo II, per intenderci. Per il professor Pace, il dialogo deve scendere anche nel quotidiano: «Il dialogo interreligioso deve diventare una pratica civile, entrando attivamente tra i movimenti, i gruppi e tra chi ha il potere di amministrare le comunità locali» . John Lennon, che nella sua canzone “Imagine” disegnava una pace possibile in un mondo privo di differenze etniche, culturali e religiose aveva insomma torto: «La pace non è l’annullamento delle differenze, ma un agire condiviso nella comunità civile in cui si smette di costruire steccati».  Nella foto il sociologo Enzo Pace.



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